Il Carmelo teresiano della Provincia di Napoli

IL CARMELO A NAPOLI – Cenni storici

 

L’anno 1583 segna il primo passo della Riforma Teresiana oltre i confini spagnoli e proprio in quell’anno il P. Niccolò Doria fondò il primo convento in Italia, a Genova, sotto il nome di S. Anna.

Non molto tempo dopo Clemente VIII chiedeva esplicitamente al padre Elia, Generale dell’Ordine, di fare una fondazione in Roma. Ma invano. Un po’di sciovinismo radicato negli animi degli spagnoli lì indusse a non accettare l’offerta. Il Papa fece da sé. V’erano allora in Italia una trentina di Padri, il fior fiore dei figli di S. Teresa e diretti discepoli a Pastrana di S. Giovanni della Croce. «Se – pensò il Papa -sono state sufficienti due persone per dar principio alla Riforma in Spagna, trenta la completeranno certamente in Italia». E sotto pena di scomunica proibì ai Padri di lasciare l’Italia. Ebbe così inizio la Congregazione Italiana di S.Elia, seperata da quella di Spagna, con una caratteristica propria: più spirito apostolico e missionario.

Il secondo convento in Italia fu quello di S. Mania della Scala in Roma, fondato il 2 febbraio 1597. E due anni dopo, Clemente VIII approvò le nuove costituzioni e separò definitivamente la Congregazione d’Italia da quella di Spagna.

Molti furono i Padri che resero illustre per scienza e santità la Congregazione d’Italia. Basta ricordare il Ven. P. Giovanni di Gesù Maria, Calagurritano, teologo profondo e stimato, il P. Ferdinando di S. Maria, primo Generale della Congregazione d’Italia, il P. Tommaso di Gesù ed infine il Ven. P. Pietro della Madre di Dio.
A P. Pietro della Madre di Dio va il merito di aver introdotto la Riforma Carmelitana a Napoli. Uomo veramente apostolico, aveva vestito l’abito a Pastrana nel 1582 all’età di 17 anni. Fu Commissario Apostolico, Preposito Generale, predicatore della Corte Pontificia, consigliere intimo di Clemente VIII e ispiratore della Congregazione di Propaganda Fide. Morì a Nocera d’Umbria il 27 agosto 1608, all’età di 46 anni.

 

Il primo Convento a Napoli

Il Ven. Padre Pietro della Madre di Dio, venuto nel 1602 a Napoli a predicare nella Chiesa della SS. Annunziata, suscitò tale entusiasmo che, riferisce il Celano, « si affezzionò molti devoti napoletani, dai quali raccolse una quantità di ampie limosine», e nello stesso tempo si conquistò la stima del Viceré, a cui chiese di poter fondare nella città un convento di Carmelitani Scalzi.
Sia per la devota stima nella Santa d’Avila, sia per il prestigio goduto dal Padre Pietro e, forse, per la sua abilità, autorizzazione ed aiuti non tardarono a venire.
Il reggente Martos, spagnolo, acquisto per 24.285 ducati il magnifico palazzo del Duca di Nocera col giardino annesso e l’offrì al Ven. Padre, il quale subito – secondo la narrazione del Celano – « vi accomodò una piccola Chiesa col Convento», e vi fece stabilire i primi frati. Era il 9 ottobre 1602.
Il convento fu dedicato alla Madre di Dio, perché sotto questo titolo si celebrava due giorni dopo la festa liturgica della Vergine, e perché esso ricordava il nome religioso del P. Pietro.
« Per la buona ed esemplare vita dei frati – continua il Celano – e per la delizia del luogo, vi cominciò un gran concorso», tale che si rese necessario costruire una Chiesa più grande ed un «magnifico convento, per quanto comporta la regola».
Primo superiore fu il P. Paolo di Gesù Maria, genovese, che restò in carica fino al 1604, ed ebbe come conventuale P. Giovanni Taddeo di S. Eliseo, spagnolo. I due religiosi restarono a Napoli per un biennio. Nel 1604, infatti, partirono come missionari in Persia, ove il P. Taddeo, il 26 giugno 1632, fu consacrato Vescovo di Ispahan.
Il nuovo convento fu adibito da principio a casa di studio, ed ebbe l’onore di ospitare, quale professore di S. Teologia, il Ven. P. Giovanni di Gesù Maria, quivi mandato nel giugno del 1607 per curarsi la malferma salute e che tenne la cattedra per l’anno scolastico 1607-1608, anno in cui scrisse la parafrasi su « le lamentazioni di Geremia», che dedicò al Card. Pinelli, Protettore dell’Ordine.
Non sappiamo fino a quando il convento della Madre di Dio fu casa di studio. Possiamo soltanto dire che i numerosi frati della provincia napoletana ebbero qui la loro formazione intellettuale, dopo aver avuta quella fondamentale nel convento romano di S. Maria della Scala, che poteva allora considerarsi noviziato nazionale.

 

La Chiesa

L’attuale Chiesa di S.Teresa fu realizzata in massima parte dal 1603 al 1612 e in questo stesso anno fu consacrata. Secondo altri, la Chiesa fu consacrata nel 1622. L’assieme dei lavori, convento-chiesa, fu completato nel 1628. direttore e progettista dei lavori della chiesa fu Giov. Giacomo Conforto. Antistante la chiesa vi era una piazza al livello della stessa chiesa. Poiché all’epoca di Napoleone, nel primo decennio dell’800, la strada che dal Museo (Regi Studi) porta a Capodimonte fu abbassata e allargata, si dovette procedere alla costruzione di una scala di accesso alla Chiesa. La scala, a doppia rampa, di pietra vesuviana e abbastanza alta, fu realizzata dall’Architetto Antonio Amorito nel 1835 e ornata con rilievi in stucco da Pasquale Ricco. Nel mezzo della scala, come scrive il Celano, vi era una farmacia, condotta come era uso dagli stessi Frati.
In un primo momento la Chiesa era sovrastata da una grande cupola da cui filtrava la luce, che illuminava la crociera. In seguito, dopo due secoli, questa prima cupola mostro delle crepe, in quanto gli archi che la sostenevano cominciarono a cedere, per cui fu gioco forza sostituirla con una calotta più piccola, nel 1835.
Dedicata alla “Madre di Dio”, in onore del fondatore P. Pietro della Madre di Dio, oggi è comunemente conosciuta come Chiesa di S. Teresa al Museo, S. Teresa degli Scalzi.
Circa le varie opere d’arte di grande valore che abbelliscono la Chiesa (di cui riferiremo subito dopo con” un articolo apparso su Napoli Sacra), ci piace ricordare per ora: l’altare monumentale d’argento del 1655, trasferito a Palazzo Reale nel 1808, la statua d’argento di S. Teresa, donata e conservata nella Cappella del Tesoro del Duomo di Napoli, quando S. Teresa fu proclamata compatrona di Napoli (Decreto di Clemente IX, agosto 1669).
Il convento possedeva una biblioteca ricca di molte opere di scienze naturali, filosofiche, teologiche, e legali, frutto, fra altro, di lasciti da parte del canonico Gallacini e del Reggente De Marinis.
Da ricordare che nel 1° Capitolo Generale del 1° maggio 1605, che ebbe luogo nel convento di S. Maria della Scala, intervennero dal convento di Napoli il P. Francesco del SS.mo Sacramento, Priore, e il P. Melchiorre della Madre di Dio, socio.
In seguito alla fondazione di Lecce (1620) e di S. Teresa a Chiaia (1622), fu aggregato ad essi il convento di Cospicua (Malta), fondato nel 1626, che fu la quarta casa richiesta per erigere una Provincia Religiosa autonoma, per cui quello stesso anno, il 9 maggio nel Capitolo Generale, celebrato a Loano (Genova), si potè costituire la provincia religiosa di Napoli sotto il titolo della “Madre di Dio”.
A primo moderatore fu eletto il P. Ferdinando di S. Maria. In seguito il convento di Cospicua fu aggregato nel 1632 alla provincia di Sicilia.

 

Soppressione e ripresa del convento di S.Teresa al Museo (detto agli Studi, perché l’odierno Museo era sede dell’Università)

Il convento fu soppresso la prima volta, sotto il regno di G. Murat, nel 1810 con decreto del 25 aprile, entrato in vigore il 1° giugno dello stesso anno.
Fu di nuovo soppresso con l’avvento di Garibaldi a Napoli e con la conseguente annessione del Regno di Napoli a Casa Savoia. Il 7 luglio 1866 segna precisamente la data in cui il governo italiano estese alla nuova Italia la legge di soppressione degli Ordini religiosi, gia varata il 29 maggio 1855, ed applicata da Vittorio Emanuele II al suo stato d’allora.
Con questa seconda soppressione si chiuse un glorioso capitolo della storia del convento della madre di Dio. Il magnifico edificio fu dapprima adibito ad Educandato femminile e poi più recentemente trasformato nell’Istituto P.Colosimo per i Ciechi.
Quando nel 1884 i religiosi ottennero di ritornare, non poterono usufruire dell’antico convento; dovettero costruire un altro molto angusto e adattato alla meglio dalla parte opposta a quello antico, addossando le celle alla chiesa. “Poche celle – come riferisce il cronista – strettissime e fredde, che il sole pochissimo visitava; corridoi privi di luce, per i quali era consentito passare solo in fila indiana; le pareti di ogni locale – Oratoria, cucina, refettorio, ecc. – arabescate per le chiazze di umidità che la pioggia, elemento più forte del materiale adoperato nelle continue riparazioni, si industriava di lasciare specialmente nei mesi invernali… e cosi il tenore di vita carmelitana, già austero per se stesso, poteva dirsi eroico nei locali del convento di S. Teresa al Museo, che ancora oggi richiama la memoria Durvelo e S. Giovanni della Croce”.
Per fortuna si ebbe in seguito la possibilità di costruire nuovi locali più spaziosi e con a fianco un piccolo giardìno, dono (ironia della sorte!) dell’Istituto Colosimo.
La nuova costruzione fu realizzata a prezzo di non pochi sacrifici. L’inaugurazione ebbe luogo il 2 dicembre 1935, alla presenza del Padre Generale P. Guglielmo di S. Alberto, del Procuratore Generale P. Eugenio di S. Teresa, del Provinciale, P. Maurizio del SSmo Rosario.
Diresse i lavori gratuitamente 1’Ing. Alberto Baiano e l’impresario, Gennaro Gambardella, si offrì per eseguire i lavori anticipando la somma dovuta.
Gli ultimi avvenimenti riguardanti la chiesa e il convento sono i seguenti. La chiesa fu ridata e affidata ai carmelitani dal Card. Guglielmo San Felice nel 1885 a distanza di venti anni dalla soppressione del 1866. al ricordo è stata posta la seguente lapide.

HONORI ET MEMORIAE
GUGLIELMI CARD. SANFELICI
ANTISTITI NEAPOLITANI
QUI
PERINSIGNE HOC TEMPLUM
UT VICENOS POST ANNOS FR. CARM. DISCALCEATI
PRAEPOSITI ITERUM TUERENTUR REGERENTQUE
SUMMO STUDIO AC LABORE
CURAVIT
A.R.S. MDCCCXXXV
ALOISIUS TORELLI AE S.P.

 

I padri presenti nel convento hanno vissuto la vita contemplativa e attiva nel cuore della città, soffrendo e sopportando sacrifici non comuni e dando continui esempi di saggezza, di bontà e dirigendo le anime a Dio.
La mancanza di forze nuove e soprattutto di giovani, capaci di imitare la santità dei fondatori, alla cui memoria spesso S. Teresa richiama i suoi figli, sono stati costretti ad abbandonarlo.
Il convento è stato formalmente chiuso il 21 settembre 1989 e dato in comodato in primo momento al cardinale di Napoli, il quale 1’ha affidato a Mons. Pinelli, responsabile diocesano della pastorale degli anziani.
Grazie all’intervento della curia e all’opera di Mons. Pinelli è stato così creato un centro di accoglienza finalizzato all’assistenza degli anziani e alla loro integrazione sociale.
Nel 2003, il convento e la chiesa sono stati affidati sempre in comodato alle suore dell’Immacolata del P. Massimiliano Kolbe.