SE STIAMO INSIEME CI SARA’ UN PERCHÈ – Ricreazione Straordinaria a Roma

Il 4 e 5 Gennaio, la comunità dei carmelitani scalzi di Bari ha vissuto due giorni di convivialità e comunione fraterna a Roma. I frati studenti, accompagnati dal loro superiore e formatore, P. Luigi Gaetani, e dal vice, P. Pablo Rodriguez, hanno avuto modo di visitare la «città eterna», cuore pulsante della fede cristiana.

La chiesa di Sant’Agnese, con il teschio della giovane martire, la chiesa di Trinità dei Monti, con le sue scalinate che ci hanno ricordato il cammino di salita dell’uomo verso Dio, la chiesa dei santi Carlo e Ambrogio, con la reliquia del cuore del santo cardinale Borromeo, la chiesa di Gesù con la sua espressione barocca, le camere di sant’Ignazio con la testimonianza storica della vita del santo di Loyola, ed altre chiese, altre strade e altre piazze, hanno ravvivato la fede della comunità, hanno alimentato una grata memoria nei confronti di coloro che ci hanno preceduto e che hanno annunciato e custodito il tesoro prezioso del «depositum fidei» trasmesso dagli apostoli.

Le opere artistiche, l’ingegno degli scultori e dei pittori, i panorami immensi e mozzafiato, le costruzioni imponenti e il verde che riveste tante strade romane, sono una viva testimonianza della bellezza e della storia che respira questa città, di certo affollata e caotica, ma pur sempre pronta a stupirci in ogni angolo di strada.

E’ un pò lo stupore che ha colto ciascuno di noi, dopo aver visitato le Basiliche di san Paolo fuori le mura, di santa Maria Maggiore e san Giovanni in Laterano; è lo stupore di chi comprende che dietro tanto lavoro e tanta storia c’è anche tanta fede, tanto desiderio di esprimere in qualche modo la bellezza e la grandezza del mistero di Cristo, che ci lascia sempre attoniti e meravigliati.

Nella Basilica di san Paolo, sulla tomba del grande apostolo di Cristo, abbiamo potuto tessere le lodi al Signore, cantando le parole di san Paolo che scriveva: «Chi ci separerà dall’amore di Cristo?»(Rm 8,35).

Cantare lì, davanti alle sue spoglie mortali, le sue stesse parole, in una insolita solitudine e un surreale silenzio è stato un momento unico di intimità spirituale che ha finito per commuovere e toccare il cuore di qualche persona lì presente.

 

Profonda è stata poi la gratitudine nei confronti del Signore quando, per incredibili e perfette coincidenze che amiamo chiamare «Dioincidenze», abbiamo avuto la possibilità di celebrare la Santa Messa nella Cappella della «Salus Populi romani», nella Basilica di santa Maria Maggiore.

Abbiamo rinnovato il nostro amore e il nostro sì a Dio per le mani della Vergine Santissima, sotto la cui protezione abbiamo scelto di vivere per tutta la vita, e

ovviamente, negli scampoli finali del Tempo di Natale, abbiamo adorato il mistero dell’Incarnazione, sostando in preghiera davanti alla culla di Gesù Bambino, custodita nella stessa chiesa, ed esposta al pubblico nel periodo natalizio.

Dopo aver visitato la Chiesa di santa Croce in Gerusalemme, abbiamo sentito di chiudere un cerchio, avendo venerato le reliquie della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo e sentendo di aver adorato e portato dentro di noi un unico mistero, che abbiamo la responsabilità di gustare e vivere nel quotidiano.

Ma cosa sarebbe stato il visitare tutto questo, se non lo avessimo fatto insieme?

Cosa avrebbe prodotto il vedere un’opera d’arte o l’aver scoperto un’insigne reliquia o l’essersi stupiti dinanzi alla bellezza di un giardino o di una strada ben decorata, se non avessimo guardato accanto a noi gli occhi meravigliati dei nostri fratelli o se non avessimo condiviso o aperto un confronto, una prospettiva, una visione? A chi avremmo partecipato il nostro stupore?

Sono stati giorni di bellezza perché il bello era sì intorno a noi, ma ci ha riportati al bello che c’è dentro di noi e che c’è accanto a noi, nella vita di tutti i giorni.

Siamo una comunità variegata, fatta di pregi e limiti, dove ognuno di noi, pur con le sue fragilità o i suoi difetti, è una pietra importante del grande edificio che è la Chiesa.

Questi giorni ci hanno insegnato che nella vita non si può rimanere fermi e tristi, come i discepoli di Emmaus, partiti senza speranze e con tante domande; per arrivare alla mèta dobbiamo alzare il passo, a volte dobbiamo superare degli ostacoli e salire per strade ripide, ma se sapremo riconoscere Cristo accanto a noi nel supporto del fratello che ci rialza quando cadiamo, le vie della speranza si faranno più chiare, e la letizia del cuore e il coraggio della fede diventeranno il navigatore più sicuro attraverso cui Dio ci guiderà.

Siamo tornati a Bari, dopo aver visitato la sede nazionale della Cism, i nostri confratelli di Santa Maria alla Scala, e dopo aver respirato, anche se solo per breve tempo, l’aria del Teresianum, il cuore e il centro del nostro Ordine, che ci ha gentilmente ospitati, e siamo saliti in macchina con la consapevolezza che, nonostante le tante prospettive che abbiamo, siamo parte di un’unica famiglia e di un unico mosaico.

E’ vero, tante sono state le chiese visitate e le strade percorse in soli due giorni nella bella Roma, eppure è stata la stanchezza a stancarsi di noi, perché con lo zelo, lo stupore e il desiderio di stare insieme, siamo riusciti a lasciarla indietro. Del resto, come dice san Giovanni della Croce, «l’anima che cammina nell’amore, non stanca e non si stanca».

Se abbiamo scelto la vita fraterna, e se questa consiste nel vivere insieme secondo una regola comune, allora ogni luogo e ogni spazio della vita dovrà essere l’estensione e la

manifestazione di quella casa che abitiamo ogni giorno e nella quale dedichiamo il nostro tempo e le nostre energie.

Alcuni di noi Roma la conoscono bene, avendola frequentata per un po’ di tempo, eppure non ci è pesato ripercorrere di nuovo certe strade, perché quando si vuole condividere tutto con tutti, si desidera aprire con gioia, davanti agli altri, i tesori scoperti in questi anni.

Dobbiamo essere questo: «amigos fuertes». Del resto, se stiamo insieme, ci sarà un perché: siamo chi-amati da Dio, oltre tutto e oltre tutti, al di là dei nostri meriti, e questa chiamata la realizziamo quando stiamo insieme e quando ci amiamo di vero cuore.

Per questo, nonostante i profumi, l’arte, il verde e la bellezza di questi giorni, credo sia necessario provare a guardare ai fratelli come al patrimonio più prezioso da salvaguardare. Più delle opere d’arte, più dei giardini, più dei musei stessi.

Siamo patrimonio universale della fraternità, e per questo, dell’umanità.

Daje!

 

Fra Andrea Palmentura, Ocd