“La causa è vinta!” – L’iter del processo di Beatificazione di Suor Elia di San Clemente

In un giorno del marzo 1920, nel Monastero di Bari intitolato a San Giuseppe, una novizia Carmelitana Scalza si stava accingendo ad entrare in ritiro per prepararsi, nel silenzio e nella solitudine, alla Professione dei voti perpetui. Ma la Madre Priora la distolse dalla sua santa impazienza e le chiese di raggiungerla in parlatorio: Suor Anna di Gesù obbedì prontamente e si trovò davanti, al di là della grata, due ragazze che – le fu detto – a breve sarebbero entrate a far parte di quella Comunità. Suo compito, spiegò la Madre presentandogliele, era pregare per loro. La giovane suora le guardò con più attenzione: lì per lì la attirò il bel visetto di Chiara e la sua eleganza. Ma poi incrociò gli occhi profondi di Teodora, minuta e poco
appariscente, che la guardavano con una particolare intensità: e certo sentì qualcosa nell’anima, dato che quello sguardo non la lascerà più, al punto che anni dopo ancora ne parlerà.
La Priora non si rese conto di aver compiuto un gesto profetico: aveva appena presentato una futura Beata (la diciannovenne Teodora) a colei che, a sua volta eletta Priora, si sarebbe adoperata con zelo per avviare e accompagnare le prime tappe della sua causa di Beatificazione. In quello sguardo che, per pochi attimi, aveva attraversato la fitta grata della clausura, si era concentrata una storia importante che avrebbe segnato non solo le due protagoniste, ma l’intera Comunità del Monastero e la vita di tante altre persone che quel giorno non erano ancora nate.

In realtà il cammino verso la Beatificazione di Teodora Fracasso / Suor Elia di San Clemente è stato insolitamente lungo e travagliato, nonostante la fama di santità che da subito si impose. Anzi, pochi sanno che il primo episodio significativo avvenne pochi giorni dopo la sua morte, nel gennaio 1928: una conoscente della famiglia Fracasso era gravemente ammalata e, in un momento di atroce sofferenza, si rivolse a Suor Elia della cui morte era stata informata, chiedendole aiuto. Addormentatasi, la sognò, un sogno molto particolare: Dora era vestita di bianco e percorreva la navata centrale della cattedrale di Bari, saliva sul pulpito e da lì predicava ai numerosi fedeli riuniti. Poi si rivolgeva all’ammalata – anch’essa presente tra la folla – con questa strana espressione: “la causa è vinta!”. Al risveglio, la signora si sentì stranamente bene: di fatto era guarita. L’episodio era troppo vicino alla morte di Suor Elia e nessuno lo prese in considerazione. Quando qualcuno lo riferì al Tribunale Ecclesiastico, non era più reperibile la documentazione medica.

Nel 1933 fu pubblicata la prima biografia di Suor Elia, scritta dalla stessa Madre Anna di  Gesù, con ricordi di prima mano, molto vivi: fra le due c’era stata una profonda amicizia, nonostante una certa differenza di età. Ma solo il 23/5/1952, la Priora Madre Anna fece domanda al Postulatore Generale dell’Ordine di avviare la Causa: nell’ottobre del medesimo anno si raccolsero le prime testimonianze delle monache che l’avevano conosciuta e di alcuni testimoni più vicini a lei. Il Processo Informativo Diocesano si aprì ufficialmente il 27/10/1953, con l’Arcivescovo Enrico Nicodemo.
Molta preoccupazione destava la salute del Padre Elia di S. Ambrogio, Direttore Spirituale della Beata, che era ormai in fin di vita, nel convento di Milano. Del Padre si conservavano numerose lettere che attestavano l’elevata stima che egli nutriva per la giovane monaca e la sua vita spirituale: ma la sua partecipazione “ufficiale”, di persona, al Processo avrebbe avuto ben altro peso! Affrettando un po’ i tempi, si ottenne di celebrare a Milano il Processo Rogatoriale il 24/11/1953, (a quel tempo era il giorno della Memoria di S. Giovanni della Croce) al letto dell’ammalato, che poté dichiarare a voce che intendeva confermava tutte le dichiarazioni scritte già rilasciate. Poche parole, ma di grandissimo valore, anche perché due giorni dopo il Padre morì: la Provvidenza aveva voluto fare ancora questo dono, a lui e a noi.  Nel frattempo, sempre a Milano, si acquisì anche un’altra testimonianza importante, quella dell’ex educanda Cenzina Rinaldi che con suor Elia aveva avuto un rapporto privilegiato: vedova e in precarie condizioni di salute, Cenzina viveva a Milano in una Casa di Riposo.

Il 27/12/1953 si aprì a Bari il Processo Ordinario, chiuso formalmente il 9/5/1955.

Il 6/11/1954 i resti di Suor Elia vennero traslati nella chiesa del Monastero, in un loculo posto accanto all’ingresso proprio di fronte alla sepoltura delle Madri Fondatrici (che tutt’ora sono ancora in quel sito).
Espletati tutti gli Atti Diocesani, il materiale raccolto venne trasferito a Roma insieme alle Lettere Postulatorie, nel 1957. Nel gennaio 1965 la Positio era pronta, ma intanto era subentrata un’altra causa di ulteriore rallentamento: per il protrarsi del Concilio Vaticano II molti ecclesiastici erano stati dirottati temporaneamente su altri incarichi inerenti le sessioni Conciliari, per cui non fu possibile nominare in tempi brevi né il “Cardinale ponente” né il “Promotore della Fede”, figure indispensabili per il proseguimento della Causa. L’iter riprese solo quando, nel 1968, il Padre Perez (nominato Promotore) propose le obiezioni su cui discutere: nel 1980 si riunì il Congresso Ordinario presso la Sacra Congregazione per le Cause dei santi, che si dichiarò favorevole all’Introduzione della Causa.
Nel 1981 l’Arcivescovo Mariano Magrassi diede pubblica lettura del relativo Decreto, in Cattedrale, e dall’ottobre dello stesso anno si celebrò il Processo Apostolico in Diocesi, presso la Parrocchia Santa Croce (la parrocchia cui appartiene il Monastero, il cui parroco, mons. Alberto D’Urso, era all’epoca Vice-Postulatore).
Nel Luglio 1987 ebbe inizio il Processo sull’eroicità delle Virtù, conclusosi l’11 dicembre dello stesso anno con il Decreto di Venerabilità. Ormai mancava solo il miracolo. Passarono altri anni, durante i quali molte persone riferirono grazie materiali e spirituali, segno che la Beata era attiva e presente – e non solo nei confronti dei suoi concittadini – e che il consenso popolare verso di lei aumentava. Poi, nel 2002, si verificò un evento importante.

Un barese, l’ing. Piero Milano, imparentato con amici della nostra Comunità, il 9 febbraio ebbe una grave emorragia cerebrale da aneurisma, preceduta da alcuni giorni di intenso mal di capo. Fu ricoverato d’urgenza ad Acquaviva, in condizioni gravissime per il ripetersi di più episodi emorragici; successivamente fu trasferito a Taranto dove venne sottoposto ad intervento chirurgico, nonostante la prognosi pessimistica (minime possibilità di sopravvivenza, in ogni caso nessuna probabilità di uscire dall’intervento senza gravi lesioni). Ma intanto la moglie dell’ing. Milano si era rivolta alla Priora del Monastero di appartenenza della Beata Elia, sua amica, per chiedere una reliquia da porre accanto all’ammalato: le fu consegnata una ciocca di capelli. Quando la reliquia giunse al suo capezzale, nella notte, il malato era in coma, ma nella mattinata si risvegliò: parlava, muoveva gli arti, rispondeva in maniera adeguata alle richieste dei medici, situazione che perdurò immutata per 24 ore. Intanto, la Comunità e i familiari continuarono a pregare con insistenza. Ricomparvero dei segnali di un ulteriore aggravamento, che resero opportuno un trasferimento al Gemelli di Roma: persistente mal di testa e gravi disturbi visivi che, secondo i medici, potevano perdurare per molto tempo se non addirittura cronicizzarsi. Ma in pochi giorni il quadro clinico si normalizzò completamente. Dimesso senza particolari problemi, dopo una breve convalescenza a casa, si recò al controllo, a Cassano, guidando personalmente la macchina per oltre 30 km, senza alcuna difficoltà. A poco più di un mese dall’episodio, riprese normalmente l’attività lavorativa, senza accusare disturbi. Furono allora fatti i passi necessari per il riconoscimento dell’eventuale miracolo: il paziente fu sottoposto a due controlli in Medicina Legale, nel 2003 e nel 2004. Entrambi gli accertamenti rivelarono la totale negatività del quadro neuropsicologico, perfettamente sovrapponibile allo stato di un individuo sano. Quando il dossier giunse alla Santa Sede, gli specialisti che lo visionarono confermarono le argomentazioni dell’équipe medica di Bari: inspiegabile non tanto la sopravvivenza dell’ammalato, quanto la totale assenza di postumi fisico/psicologici, non solo nell’immediato ma anche a distanza di tempo (e gli anni successivi lo hanno confermato!). Non sminuirono in nessun modo il valore e l’efficacia delle cure mediche ricevute dall’ammalato, tempestive e accurate: ma appariva del tutto anomalo l’elevato grado di “normalizzazione”, data l’estrema gravità ed estensione dell’emorragia.

Il 19 dicembre 2005 Benedetto XVI firmò il Decreto di riconoscimento del miracolo e di approvazione della Beatificazione: il primo di questo genere, per lui, a pochi mesi dall’elezione. In questo, suor Elia vanta ben due primati: è la prima Beata di Papa Ratzinger (che, tra l’altro, a Bari fece il primo viaggio del suo pontificato per il Congresso Eucaristico, un mese dopo l’elezione); ma è anche, in assoluto, la prima beata proclamata tale dal proprio Vescovo Diocesano nella propria Cattedrale … come sembrava anticipare il sogno del lontano 1928!
Come è noto, Mons. Francesco Cacucci, alla presenza del Card. Saraiva Martins e di numerosi Vescovi pugliesi, l’ha solennemente proclamata Beata il 18 marzo 2006, nella messa prefestiva della Solennità di S. Giuseppe, titolare del nostro monastero. Il giorno dedicato alla sua Memoria è il 29 maggio, scelto per ricordare proprio la celebrazione Eucaristica di Benedetto XVI, il 29 maggio 2005: Suor Elia, “Piccola Ostia per amore” non poteva non essere abbinata ad un evento Eucaristico

 

Articolo a Cura delle Monache Carmelitane Scalze (del Monastero di San Giuseppe in Bari)