Il miracoloso quadro di San Giuseppe del Monastero dei Ponti Rossi di Napoli

Antonietta Catanea (sorella della nostra Beata Maria Giuseppina di Gesù Crocifisso) dopo essere stata sei mesi nel monastero di Carmelitane Scalze dell’Arco Mirelli di Napoli, tornerà a casa per problemi di salute. Ma il desiderio di donarsi al Signore nella famiglia carmelitana si fa sempre più vivo nel suo cuore. Mentre pregava nella chiesa di S. Teresa al Museo chiedendo la grazia alla Madonna del Carmelo di indossare il Santo abito carmelitano, come risposta a questa preghiera, sente una voce che le dice: “Non solo indosserai le sacre lane del Carmelo in un nuovo Monastero, ma questo sarà da te fondato”. Scriverà la fondatrice, Antonietta: “A questa voce restai molto sbalordita; come potevo io fondare un Monastero, incapace di tutto e priva di mezzi?”. Da questo momento inizia un vero combattimento spirituale tra quello che sente chiaramente in preghiera e l’incredulità del suo padre spirituale, P. Romualdo, che poi diventerà il co-fondatore del Monastero dei santi Teresa e Giuseppe, meglio conosciuto come il Monastero dei Ponti Rossi. Il 4 novembre 1909 accade qualcosa di molto particolare, sarà il primo segno della nuova fondazione. Lasciamo alla stessa Madre fondatrice i il racconto.

“Nel mese di novembre dell’anno 1909, e propriamente il giorno di San Carlo Borromeo, 4 novembre, mi recai nella Chiesa di S. Teresa al Museo per confessarmi e manifestare a voi, padre mio, come l’anima mia si sentiva sbattuta da tutte queste voci che sentivo; dico sbattuta perchè mi sembrava una cosa impossibile iniziare un’opera priva di tutto. Non vi trovai, eravate andato a celebrare la Messa al cimitero. Rimasi ad ascoltare la santa Messa e dopo restai in Chiesa per fare un pò di meditazione, stando più tranquilla che non a casa. Mentre stavo meditando, vidi venire una monaca dalla parte della Cappella della Santa Madre, ma non arrivai a capire se essa uscì dalla cappella o entrò dalla porta piccola della Chiesa. Questa monaca di avvicinò, essa era molto bella, di una bellezza che non la so spiegare,. Dal modo com’era vestita riconobbi che era una teresiana senza cappa, la quale messasi a parlare con me, mi ricordò il tempo che io ero al Monastero dell’Arco Mirelli e molte cose intime e segrete, descrivendomi anche il momento che le monache mi posero fuori Monastero. Questa monaca mi inculcò ad avere tanta devozione per San Giuseppe, cosa che non avevo tanto, a dire la verità, e mi disse: “Figlia, se ami veramente molto santa Teresa, devi amare molto anche san Giuseppe, e devi avere tanta devozione per questo gran Patriarca per quanta ne hai per Santa Teresa. Ricordati quanto ti dico che moltissime grazie non si possono ottenere se non per intercessione di San Giuseppe”.  Io le risposi che avrei cercato di avere tanta devozione per San Giuseppe quanta ne avevo per S. Teresa. Essa rispose: “ Non basta tenere la devozione, ma ne devi tenere anche l’effige di tale Santo, la metterai accanto a quella di S. Teresa che hai in casa”. A queste parole risposi che per il momento non avevo denaro per acquistare l’effige di San Giuseppe e che non appena potevo mettere insieme la sommetta occorrente, senz’altro l’avrei fatto ( alle mie parole la monaca sconosciuta mi sorrise dolcemente, di un sorriso angelico più che terreno). Credetti questa monaca un’anima buona e mi raccomandai alle sue preghiere, affinché il Signore mi avesse dato la salute al fine di essere monaca carmelitana. Ma mi fu risposto: “ Figlia la salute non ti è necessaria per essere figlia di Santa Teresa; Iddio solo ti basta!… Sarai figlia di S. Teresa”. A queste parole pose sull’inginocchiatoio £ 4, 50 dicendomi: “Portati dal negoziante Porzio e domanda un quadro di San Giuseppe, prenderai il primo che ti presenta, perché di esso sarà il prezzo di £ 4,50. Deciditi, assieme al tuo padre spirituale, a dare inizio all’opera di una fondazione di teresiane con la Chiesa nella quale metterai l’effige di S. Teresa e di S. Giuseppe, tale sarà il titolo che darete sia al Monastero che alla Chiesa e quanto ti dico è la santa volontà di Dio”.

Ciò detto, quella monaca si dileguò dai miei occhi. Guardandomi attorno mi avvidi che ero sola nella Chiesa. Pensai che forse nel pregare m’ero addormentata ed avevo sognato quella scena, ma le £ 4,50 che potetti raccogliere dall’inginocchiatoio mi rassicurarono che tutto l’accaduto non poteva essere sogno ma realtà. Contentissima e trepidante, avrei voluto in quell’istante andare subito a provvedermi del quadro di San Giuseppe, ma non essendo voi, Padre mio, in casa in quell’ora non volli fare acquisto senza prima informare voi del fatto accaduto ed avere prima il vostro permesso.

L’indomani giorno 5 novembre 1909, sapendo che nelle ore del mattino vi trovavate nella Chiesa delle monache dell’Arco Mirelli, dove confessavate, mi recai da voi, padre mio, per riferirvi tutto. Voi mi deste licenza di fare detta compra del quadro per vedere se tutto avesse corrisposto a quanto mi era stato detto di fare. Mi recai quindi nelle ore pomeridiane dal negoziante Porzio, in compagnia di mia sorella Giuseppina, ove chiesi di un quadro di San Giuseppe ed il negoziante mi presentò una bellissima oleografia di San Giuseppe, e domandatone il prezzo mi disse lire 4,50. Lo presi con gioia e lo portammo a casa. Il quadro si trovò della stessa grandezza dell’identico disegno, anche di cornice, a quello della S. Madre Teresa che già tenevo in casa e così aggiustai una cappellina alla buona, con i due quadri di S. Teresa e di San Giuseppe. Il giorno seguente che ebbi acquistato il quadro, mi recai di nuovo da voi, padre mio, per informarvi che tutto aveva corrisposto, in quanto alla compra del quadro, come mi era stata detto dalla monaca e chiesi a Vostra Reverenza la carità di venire a casa a benedirlo, come avevate fatto col quadro della Santa Madre Teresa. Acconsentiste e il giorno 13 novembre dell’anno 1090 veniste a casa a benedire il quadro di San Giuseppe, di che completai la mia cappellina dei SS. Teresa e Giuseppe. Stesso nel giorno, tutti di famiglia si portavano ai piedi del gran Patriarca San Giuseppe e pregavano. Oltre a vederla qualche volta, anzi spesso, sentivo la voce della religiosa che mi spingeva a dare inizio all’opera della nuova fondazione di carmelitane scalze, dicendomi spesso, anche il modo come avrei dovuto installare la regolare osservanza nella nuova casa da aprirsi. Voi, però, padre mio, alle mie insistenze per avere la licenza di intraprendere tale opera, giustamente, vi mostraste annoiato dalle mie parole e incominciaste per trattarmi da fissata ed immaginaria e molte volte me ne facevate andare piangendo.

La sera del 23 novembre dell’anno 1909, per l’onomastico della zia Clementina eravamo riunite con delle persone del palazzo. Mentre si discorreva, avvenne una pausa e ci guardammo senza avere la forza di parlare: tre colpi forti, uguali e distinti erano partiti dal quadro di S. Giuseppe. Il 29 novembre 1909, nella Cappella dedicata alla Santa Madre Teresa nella Chiesa di V. R. rividi, mentre pregavo, la monaca ma non nella maniera solita, ma con la cappa bianca e in un modo tutto risplendente da non saperne descrivere la bellezza e mi disse: “Deciditi ad iniziare l’opera di un Monastero di Scalze è Gesù che lo vuole e lo voglio anch’io Teresa di Gesù madre e riformatrice dell’Ordine Carmelitano Scalzo”.

Fatto consapevole anche di questo a voi, padre mio, i vostri dubbi continuavano, restai molto avvilita e scoraggiata e non mi restava altro che pregare, affinché il Signore se realmente voleva l’opera manifestasse a voi la sua Volontà. Me ne tornai a casa con l’animo tanto triste e combattuto; ma fu proprio in quel giorno che il Signore convinse Vostra Reverenza a darmi il consenso di iniziare l’opera mediante un prodigio. Giunta che fui a casa nell’entrare nel piccolo ambiente ove avevo formato la piccola cappella di S. Giuseppe e della Santa Madre Teresa, vidi con mia grande sorpresa e dispiacere che il volto di San Giuseppe era cosparso di gocce di acqua e mi lamentai con i miei, perché credetti che mia sorella minore, solita scherzare con me, per scherzo avesse spruzzato con acqua il quadro di San Giuseppe. Accorsero i miei ed anche mia sorella Maria sulla quale era caduto il mio sospetto e tutti affermarono di non essersi permesso neppure di toccare il quadro di San Giuseppe. 

Mia sorella prese un fazzoletto ed asciugò leggermente il quadro, restando tutti meravigliati dell’accaduto. Dopo aver fatto accurate ricerche per trovare la causa di quelle gocce, e dopo che mia sorella Maria asciugò bene il quadro, andammo a pranzo, dopo fu oltremodo la nostra meraviglia quando nel rivedere il quadro trovammo di nuovo il volto di San Giuseppe pieno di limpide gocce, come quando una persona ha sudato, non in tanta abbondanza però di prima. I miei, credendo che questo fosse qualche segno di disgrazia che San Giuseppe dava, chiamarono persone intime del palazzo per pregare insieme, affinché il Signore usasse misericordia a tutti, queste persone potettero constatare anche loro quanto accadeva.

Il giorno 30 novembre 1909, si ripetette il prodigio alla presenza di mio padre che, per ragione del suo impiego, non si era trovato in casa il giorno innanzi, ed anche lui constatò quello che avveniva sul volto di quella prodigiosa immagine di San Giuseppe. Il giorno 2 dicembre 1909, veniste a casa mia; guardaste attentamente il quadro di San Giuseppe e notaste che il volto del Santo era perfettamente asciutto. Dopo aver pregato un po’, notaste la manifestazione del sudore sul volto di San Giuseppe; notaste che le gocce uscendo dai fori della carta non solo gradatamente si ingrandivano, ma diventavano tanta quantità da imperlare tutto il volto di San Giuseppe, scendendo qualche goccia anche sul volto di Gesù Bambino, che il Santo Patriarca tiene tra le braccia. Oltre le gocciole di sudore che uscivano dal volto del Santo, da potersi raccogliere da tutti, notaste anche che il volto di San Giuseppe presentava un aspetto di vita insolita. Questo durò per parecchio tempo al vostro sguardo fin tanto che ve ne andaste, e questa manifestazione durò ancora circa un’ora.

Il giorno 5 dicembre 1909, ritornaste a casa portando dei fiori al Glorioso Patriarca San Giuseppe, voleste voi stesso aggiustarli nei vasi che erano innanzi all’immagine; il Santo anche questa volta volle farvi vedere quel prodigio, non in quel modo, e durata della volta precedente, ma le gocce di sudore furono in poca quantità, e insensibilmente dopo un certo tempo disparvero. Dal 5 dicembre al 5 gennaio 1910, in diverse altre volte, il sudore sul viso di San Giuseppe si manifestò alla presenza di diverse persone degnissime di fede, che lo potettero constatare attestandolo anche per iscritto. Del fatto prodigioso avvenuto nel quadro del glorioso San Giuseppe voi, padre mio, ne informaste il Rev.do padre provinciale, il Padre Eusebio della Presentazione e nel mentre insieme volevate informare i superiori maggiori a Roma, per informazioni inesatte da persone, che mal guardarono l’accaduto, per la prima volta mi fu data la proibizione di confessarmi e di avere comunicazioni con Vostra Reverenza.Lasciai in quell’epoca Vostra Reverenza restando priva di consigli, e nelle grandi preoccupazioni ed angustie in cui si trovava l’anima per l’indecisione, se dare inizio all’opera della nuova fondazione di carmelitane scalze. Voi però prima di lasciarmi, nell’atto che vi salutai per l’ultima volta, mi consigliaste di prendere come mia guida spirituale il Rev.do Monsignor Giovanni Andrullo, allora prima penitenziere della Cattedrale, uomo dotto e di santa vita.Quasi sempre piangevo per non potere più avere comunicazioni con Vostra Reverenza e pensavo di rivederci solo in Paradiso. Quando pregavo, però, specialmente dopo la Santa Comunione, nella meditazione mi sentivo contenta e spesse volte sentivo come una voce arcana che mi diceva: “Gesù vuole assolutamente l’Opera e la vuole da te e dal padre tuo e dopo d’aver sofferto non poco rivedrai il padre tuo, sappi però che il Signore quest’opera la vuole col sacrificio”. Ogni volta che pregavo mi sentivo animata da gran fede e sentivo nell’anima la certezza di rimettere nelle vostre mani la direzione dell’anima mia, ma prima avrei dovuto soffrire assai e tutto offrivo a Gesù per l’opera da intraprendere e per la santificazione di Vostra Reverenza.

Il Signore non abbandona mai chi confida in Lui e opera per Lui, permise in quel tempo che non potevo comunicare con V. R., che una signora nel mio palazzo si ammalasse gravemente, ed avendovi per il passato conosciuto in casa mia e vistovi varie volte, espresse il desiderio di volersi confessare con voi; Vostra Reverenza non volendovi mettere nell’occasione di venire nel mio palazzo dirigeste l’invito al padre provinciale, Padre Eusebio della Presentazione. Gesù volle che il padre provinciale, malato com’era, accettasse l’invito. Egli sapendo del fatto di San Giuseppe e conoscendo bene anche me, perché spesso andavo da lui, sia per consigli che per confessarmi, trovandosi a passare innanzi alla mia casa volle onorarmi di una sua visita per vedere anche lui il quadro di San Giuseppe. Quando venne il Rev.do Padre provinciale il volto di San Giuseppe era asciuttissimo, egli con molto raccoglimento si mise a pregare innanzi alla sacra immagine del gran Patriarca, e dopo aver pregato un poco esclamò, con tono forte e commosso, in presenza di varie persone: “San Giuseppe, ci ho sempre creduto e ci credo a tutto ciò che è avvenuto, ci credo, ci credo!”. A questo il volto di San Giuseppe s’imperlò di gocciole di sudore che man mano divennero in tanta quantità che dopo averle lungamente osservate, le raccolse con delle immaginette che aveva in tasca e le distribuì per devozione ai presenti e una di queste immaginette fu portata al letto della moribonda signora, che dopo pochi giorni fu ristabilita e licenziata dai medici. Di questo il Rev. do padre provinciale non solo lo raccontò ai padri della Provincia e a varie persone, ma scrisse a Roma ai Superiori Generali esponendo la verità dei fatti.

Trascorsero circa due mesi e forse anche un po’ di più da ché il Rev.do padre provinciale diede relazione ai Superiori Maggiori che venne a Napoli, il molto Rev.do Padre Nostro Clemente Maria, Definitore Generale, al quale fui presentata dal Rev.do padre provinciale, e propriamente la mattina del 23 maggio 1910. Verso le otto mi recai alla Chiesa di Santa Teresa a Chiaia, ove ascoltai la Santa Messa che celebrò in quell’ora il nostro Padre Clemente, e dalle sue mani ricevetti anche la santa Comunione. Temevo tanto presentarmi a Nostro Padre, sia per la soggezione che mi faceva e sia perché non sapevo come la pensasse; molto mi raccomandavo a Gesù mentre lo tenevo nel mio povero cuore, e Gesù sempre Padre amoroso, mi fece udire come una voce che mi disse: “Il Padre Clemente ti sarà padre non temere, l’opera la vuole Iddio, le creature non possono nulla!”.

Finita la santa messa, dopo un po’ di tempo il padre provinciale mi venne a chiamare e mi condusse nel salottino dove i padri ricevono, dove già mi attendeva il Nostro Rev. do Padre Clemente, che mi accolse sorridendo e con modi veramente paterni, il Rev.do Padre Provinciale dopo che mi presentò, si ritirò lasciandoci soli. Stemmo insieme per più di due ore e parlammo del quadro di San Giuseppe e dell’Opera di una nuova fondazione di carmelitane scalze e volle essere informato di tutto. Egli commosso mi ascoltò con grande attenzione e si mostrò abbastanza favorevole tanto da promettermi che non appena sarebbe stato di ritorno a Roma si sarebbe adoperato in tutti i modi per ottenere dal Rev. do Padre Generale, in quel tempo Padre Ezechiele del Sacro Cuore, il permesso a V. R. di riprendere la direzione dell’anima mia. Circa poi il cominciare l’opera di una nuova fondazione di carmelitane scalze, mi consigliò di iniziarla sì, ma senza tanta fretta e fare tutto con prudenza, tanto più che umanamente non avevo nessun mezzo finanziario, e che avessi ancora pregato un po’ per meglio vedere la santa volontà di Dio, e mi lasciò dicendomi di raccomandarmi molto alla Santa Madre Teresa ed al mio San Giuseppe.

di seguito, riportiamo il miracolo dal punto di vista della nostra Beata Maria Giuseppina di Gesù Crocifisso, tratto dai suoi scritti:

“Un giorno dopo la scuola nel rincasare mia sorella Antonietta mi invitò ad uscire con lei per acquistare un quadro di S. Giuseppe. Mangiai in fretta, sebbene stanca fui contenta di seguirla; ricordo che girammo abbastanza ed infine ci trovammo in via S. Biagio dei Librai ove ci fermammo alla bottega Porzio. Ivi trovammo l’immagine di S. Giuseppe, ci piacque ed Antonietta l’acquistò per il prezzo di lire quattro e cinquanta compreso la cornice.

Si fece un po’ tardi, ed io, col quadro del Santo del mio nome sotto al braccio, passandolo ora a destra ed ora a sinistra, seguivo mia sorella a passo svelto ripetendo nella mia mente e nel mio cuore: “S. Giuseppe, pensa tu all’anima mia …”.Ricordo benissimo la benedizione del quadro data da V.R. e non posso mai dimenticare quella farfallina che girava intorno a S. Giuseppe durante il tempo dell’aspersione dell’acqua santa e dopo, per quasi tutto il giorno seguente. Su di un semplice altarino pose Antonietta il nuovo quadro accanto a quello della Santa Madre Teresa di Gesù, acquistato pochi giorni prima. Tutti di famiglia ci sentivamo attratti a pregare ai piedi di quell’altarino, pregavamo e chiedevamo tante grazie, ed io, quando ci passavo davanti, con la mano mandavo i miei baci chiedendo ai due santi la salvezza dell’anima mia.

La sera del 23 novembre dell’anno 1909, per l’onomastico di zia Clementina eravamo riunite con delle persone del palazzo. Mentre si discorreva, avvenne una pausa e ci guardammo senza avere la forza di parlare: tre colpi forti, uguali e distinti erano partiti dal quadro di S. Giuseppe… Il 29 novembre verso sera il Volto del Santo versò una copia di sudore e Antonietta dotata di quella semplicità grande che viene da Dio cominciò a piangere. Maria prese un fazzoletto, che ricordo bene aveva lo smerlo di colore blu, unico in casa, e che non è stato più trovato e con esso si pose ad asciugare il sudore che brillava sulla fronte e sulle guance del Santo. Il fazzoletto ne uscì come messo in acqua pura e l’immagine non dava segno di alcuno di guasto; anzi il volto di S. Giuseppe sembrava come se avesse avuto vita e rimase completamente asciutto. Ma che spettacolo meraviglioso! …

Dopo un poco il volto di San Giuseppe acquistò maggiore espressione ed a guisa di chi comincia un faticoso lavoro si aprirono i pori al sudore. Man mano uscivano delle piccole gocce simili a rugiada, gradatamente esse si ingrandivano e diventavano grosse gocce che scendendo dalla fronte andavano sulla cornice. Una delle rosee gambette di Gesù Bambino fu pure bagnata di qualche goccia del miracoloso sudore.Il fatto era straordinario, si trattava di miracolo e noi mute, singhiozzando c’inginocchiammo e pregammo …Antonietta calma parlava poco e non so cosa avesse in cuor suo. …Ricordo che non volevamo andare a letto ed infatti ai piedi del Santo miracoloso stemmo fino ad ora tardi.  I pensieri si succedevano l’un l’altro e san Giuseppe sudava sempre, alle volte poi sembrando di carne pareva avesse voluto muovere le labbra.  Per un periodo di tempo il fatto meraviglioso si ripeté e molta gente costatò il miracolo. Quasi tutti pregavano e chiedevano grazie e san Giuseppe esaudiva le preghiere di quella gente devota”.