MIRACOLO A BARI! Un miracolo attribuito all’intercessione di san Giovanni della Croce e decisivo per la sua canonizzazione, fu compiuto nell’attuale capoluogo pugliese.

«Miracolo! Miracolo!» è il grido che ha caratterizzato e caratterizza da tanti secoli la fede semplice e genuina del popolo di Dio.
Questo fatto non deve suscitare perplessità o pregiudizi di sorta, perché la tensione verso il soprannaturale e le sue molteplici espressioni è indicatrice del fatto che, se da una parte e in alcuni casi, dietro questi eventi, potrebbero celarsi abusi spirituali come anche inutili e vane curiosità, dall’altra rintracciamo un’evidente e profonda sete di Dio che dimora nel cuore dell’uomo.
Se nei vangeli i miracoli compiuti da Gesù sono attestazione della sua divinità, nella storia della Chiesa essi sono attestazione di un’autenticità di vita vissuta da parte di coloro che hanno camminato nella via della santità.
Intendiamoci: ci sono santi per mezzo dei quali Dio non ha compiuto miracoli visibili durante la loro esistenza terrena, eppure sono saliti ufficialmente agli onori degli altari, perché il criterio decisivo per riconoscere un santo in vita rimane sempre la carità, come attestato da san Paolo in 1Cor 13.
E’ evidente allora che ci stiamo riferendo ai miracoli post-mortem, compiuti e concessi da Dio per l’intercessione di un santo o di un beato proclamato dalla Chiesa, come conferma definitiva di una canonizzazione o beatificazione.
“Miracolo a Bari” vuole fare il punto su un evento straordinario, avvenuto nell’attuale capoluogo pugliese – e verificato dalla Chiesa come certo – per intercessione di san Giovanni della Croce, riformatore dell’Ordine dei Carmelitani.
Dal racconto documentato in nostro possesso, di sette possibili miracoli che furono esaminati, ne vennero approvati tre, tra cui quello avvenuto in terra pugliese, che permetterà così di proclamarlo “santo” della Chiesa Cattolica.
La storia di questo miracolo affonda le sue radici geografiche nel monastero dei “Santi Giuseppe e Teresa al Porto” delle monache Carmelitane Scalze della città di Bari – nell’attuale Bari Vecchia, a ridosso della muraglia che la circonda – dove viveva una religiosa, suor Anna Teresa di san Benedetto, che nell’anno 1662 fu sorpresa da un attacco di paralisi che la rese priva di sensi. Per ben dodici anni, nonostante tanti rimedi cure, visse sopportando questa infermità, a tal punto da poter muovere solo le mani per cibarsi.

 

Il 24 ottobre del 1674 giunse al monastero la notizia che il papa regnante, Clemente X, con un suo decreto, aveva deciso di procedere alla beatificazione del venerabile Giovanni della Croce: tale notizia non fece che riempire di gioia anche le religiose del monastero barese.
Una di loro, suor Maria Giuseppa, con spirito di fede e d’amore, prese un quadro con l’immagine di Giovanni della Croce, lo portò a suor Anna di Teresa che giaceva inferma, e andò via per sbrigare dei servizi.
Fu allora che avvenne il miracolo, la cui descrizione lasciamo alle parole della cronaca: «rimasta sola, suor Anna Teresa cominciò a pregare fervorosamente il suo santo padre Giovanni. Cessato lo spazio d’un Miserere, sentì ricrearsi tutta da un’interna luce, e riempir l’anima d’una tal soddisfazione la quale, diffondendosi per il corpo, la liberò in un attimo da quell’ostinato malore, e i nervi e i muscoli, inerti da dodici anni, ripresero la loro forza».
Ma c’è spazio anche per un tono umoristico e riflessivo, legato alla vicenda, che potremmo persino leggere nell’ordine della passionalità e della spontaneità tipica e genuina del meridione: suor Anna Teresa, appena guarita, volle subito testimoniare a tutti la grazia ricevuta, al puntò che «senza l’aiuto di nessuno andò giù nel coro, dove si confessò e si comunicò, camminando speditamente di qua e di là».
Lecito e doveroso l’entusiasmo per chi si vide paralizzata per dodici anni, se non che si sparse così tanto la notizia nella città di Bari, che il popolo barese fece ressa attorno al monastero, desideroso di vedere il frutto di quel miracolo ormai compiuto.
Suor Anna, per soddisfare quel desiderio, si mise in ginocchio sulla soglia della clausura davanti ad alcuni secolari, senza velo sul volto, cosa non certo usuale a quei tempi, anzi, sostanzialmente proibita. Secondo la lettura che ne fa la cronaca di allora, «ciò dispiacque al santo, stato sempre in sua vita zelantissimo dell’osservanza; e per  farla avvertita della trasgressione fece sì che nell’alzarsi si trovasse impedita, ed avesse bisogno d’aiuto. L’impedimento le durò qualche settimana, sicchè ella conoscendo chiaramente da dove le venisse quella specie di ricaduta nel male, per esserne libera fece voto di non accostarsi mai più alle grate, alle ruote, o alla porta della clausura. Ciò avvenne il 16 novembre. Fatto il voto sentì confortarsi da una voce che internamente le disse: “Alzati che sei sana”. Realmente si trovò sana e visse in buona salute fino agli ottant’anni, avendone tretantrè quando cadde malata».
Da quanto si evince, comprendiamo qualcosa di importante, che può essere di insegnamento per ciascuno di noi: il miracolo divino fugge la spettacolarizzazione, il clamore e la curiosità. Non è questo l’intento di Dio, come mostra questa stessa vicenda, nella quale il miracolo non ha avuto solo la funzione di guarire una malattia, ma anche di istruire ed educare ad un’attitudine umana e spirituale di discrezione ed umiltà, di fede autentica e profonda: il miracolo è straordinario sì nella sua fenomenologia ma è anche efficace nella sua pedagogia.

Se poi analizziamo e sintetizziamo gli sviluppi di questo evento, possiamo individuare tre momenti fondamentali:

1. la fede di suor Maria Giuseppa, che porta il quadro all’inferma, quasi come membro di quella folla che calò il paralitico dal tetto davanti a Gesù (Mc 2,1-12; Lc 5,17-26; Mt 9,1-8) e soprattutto la fede di suor Anna Teresa, che ha osato sperare contro ogni speranza; così anche per lei si può dire: “la tua fede ti ha salvata”.

2. Il frutto della fede: suor Anna Teresa viene guarita e per prima cosa, si  accosta ai sacramenti della confessione e della comunione. Non sarà stata certamente privata di questi sacramenti durante la sua malattia, eppure la cronaca sottolinea questo
fatto, quasi a marcare il frutto dell’evento. Qui sembra di intravedere quello storpio, guarito per mezzo dell’apostolo Pietro davanti alla porta del Tempio, il quale cominciò a saltare di gioia “nel tempio, camminando, saltando e lodando Dio” (At 3,8).
In questo senso la partecipazione ai sacramenti può essere letta come una riabilitazione più profonda, perchè spirituale, immagine di quella fisica, che permette al cristiano di camminare spedito nella fede. E’ questo il fine e il senso autentico del miracolo: avvicinare ed unire a Dio. E’ questo che san Giovanni della Croce ha voluto sottolineare attraverso il manifestarsi di quel “piccolo impedimento”.

3. Va sottolineato il fatto che suor Anna Teresa, a motivo della trasgressione, “si trovasse impedita ed avesse bisogno d’aiuto”. E’ da qui che nascono gli impedimenti della vita spirituale: quando non ci riconosciamo più bisognosi di aiuto e pensiamo di opporre alla fragilità le sole nostre forze, dimenticandoci l’abbraccio tenero della misericordia verso la nostra miseria. E’ qui che suor Anna Teresa ha imparato a mettere da parte il proprio io per fare spazio a Dio.
La caratteristica di questo miracolo sta proprio in questo: nel porre l’accento sull’umiltà e la discrezione. Prova ne è il fatto che esso avviene in un clima di “solitudine sonora”, che diventa una “cena che ristora ed innamora” (Cantico Strofa 15).
In conclusione, per onorare la coerenza rispetto al messaggio e alla dottrina di san Giovanni della Croce, non possiamo fare altro che camminare nella fede come il dottore mistico ripete a più riprese nell’opera della Salita: «Se tu volessi ancora altre visioni e rivelazioni divine e umane, contemplalo nella sua umanità e vi troverai più di quanto pensi» (2S 22,6) e ancora: «Fissa il tuo sguardo unicamente su di lui, perché in lui ti ho detto e rivelato tutto e troverai in lui anche più di ciò che chiedi e desideri» (2S 22,5).
Questo è il messaggio che il Signore ha voluto rivolgere alla città di Bari e a noi tutti: quello di contemplare lo straordinario nell’ordinario, per poi imparare ad accorgerci che ciò che porta frutto parte sempre da un principio di Incarnazione e non di curiosità. Questo è il vero miracolo che è stato compiuto a Bari.

 

Articolo a cura di Fra Andrea della Croce